I Trattati di Roma ed il MEC

Alla nascita della Comunità Europea del Carbone e dell'Acciaio (CECA) fecero seguito con i Trattati di Roma del 1957 le nascite della CEE e dell'Euratom, con il compito di riprendere le idee di difesa comune europea (soprattutto in ambito francese con l'Euratom) e di creare quel Mercato comune che era stato alla base delle idee di Monnet, che alla riunione del Comitato d'Azione per gli Stati Uniti d'Europa del 6 e 7 maggio 1957 disse: «il trattato del Mercato comune è evidentemente più complesso del trattato Euratom. Il trattato prevede una politica economica comune da parte degli stati membri. La realizzazione di tale politica, va detto con franchezza, dipende dall’accordo tra i governi. Il Mercato comune tocca tutti gli interessi esistenti. Per questa ragione non è oggi possibile che i governi deleghino una parte importante dei loro poteri in materia di politica economica a un'autorità comune». 

Ad un'Europa unita economicamente la CISL e Giulio Pastore legavano anche la possibilità di risolvere la trasformazione dei rapporti sociali nelle imprese a seguito della trasformazione dell'economia italiana dopo la fine della Seconda guerra mondiale, con la prospettiva di inserire l'Italia tra le grandi economie industriali dell'Occidente.

In questa prospettiva, Pastore fu sin da subito un grande sostenitore del MEC e di tutte le oppurtinità che esso offriva per la classe dei lavoratori, riconoscendone il potenziale come uno dei passi fondamentali per raggiungere l'integrazione europea attraverso l'integrazione economica, che avrebbe favorito lo spostamento della libera manodopera. Soprattutto, Pastore ricordava che il raggiungimento di un'Europa unita ed integrata non doveva essere considerata come un'ispirazione utopistica, ma una realtà concreta a cui i sindacati dovevano assolutamente fornire il loro contributo. L'obiettivo a lungo termine della creazione del MEC, così come delle altre strutture europee, era chiaramente la creazione di un unico spazio economico, sociale e politico.