Il ruolo del sindacato in Europa

Nel 1943 Jean Monnet dichiarò, durante una riunione del comitato di liberazione francese, che non ci sarebbe stata pace in Europa se le nazioni europee non si fossero riunite in una federazione. Seguendo questa linea di pensiero e affermando anzi che la causa dell'Europa unita in una comunità sovranazionale doveva già essere evidente alla fine della Prima guerra mondiale, anche in Pastore prevalse l'idea di un accordo e di una cooperazione economica federalista e non in chiave antisovietica, tanto che già alla fine degli anni Quaranta prima la corrente cattolica della CGIL, poi la LCGIL e in seguito la CISL si schierarono a favore dell'unione economica.

Nel pensiero di Pastore, infatti, i sindacati europei dovevano giocare un ruolo fondamentale nel processo dell'unificazione europea e quindi fornire il loro concreto contributo anche e soprattutto nella programmazione per poter incanalare al meglio il processo di sviluppo dei vari paesi per salvaguardare gli interessi dei lavoratori, che rappresentavano una delle categorie più sensibili ed interessate all'integrazione europea e sarebbero stati lo "strumento" più adatto a bilanciare la capitalizzazione privata.

L'idea di un'Europa unita era nuova, perché per la prima volta non si parlava di guerra ma di collaborazione su base democratica con benefici per tutti. L'importante per Patore era ricordare sempre che il progresso avrebbe portato reali benefici solo se fosse avvenuto in contemporanea in tutti i paesi, senza che si creassero squilibri che avrebbero porato a condizioni di soggezione o isolamento economico. L'integrazione europea era l'unico modo per sviluppare le potenzialità del vecchio continente, ma serviva assolutamente l'armonizzazione sociale per migliorare la vita dei lavoratori perché, come disse lo stesso Pastore nel 1955, «una vera Europa unita può farsi solo con diretta ed effettiva partecipazione dei lavoratori».